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Transazione fiscale nei procedimenti di gestione della crisi d’impresa: i chiarimenti dell’A.E.

Con la Circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020 l’Agenzia delle Entrate fornisce un contributo essenziale sull’istituto della Transazione Fiscale delineandone i caratteri fondamentali e fornendo le istruzioni operative sulla valutazione delle proposte transattive del debito tributario nell'ambito dei procedimenti per la gestione della crisi di impresa.


La transazione fiscale rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra Fisco e Contribuente, collocata nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, che consente il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario (sia privilegiato che chirografario).


La ratio sottesa all’istituto della transazione fiscale è riscontrabile nell’esigenza di contemperare tutti gli interessi coinvolti nei procedimenti di gestione della crisi d’impresa con la massima salvaguardia della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali.


Le finalità dell’istituto, dunque, si sostanziano nella individuazione di soluzioni condivise tra gli operatori economici ed il Fisco, così da consentire un equo contemperamento tra gli interessi dei primi con quelli erariali.


L’introduzione dell’istituto nel nostro ordinamento ha consentito un parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale, in ragione della necessità di tutelare altri interessi di pari rilievo costituzionale.


Nell’ambito delle procedure nel quale è previsto detto istituto, un ruolo sempre più rilevante è demandato ai professionisti che attestano la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo. L’attestazione, pertanto, assume la funzione di strumento di garanzia a favore dei terzi e dei creditori, soprattutto se estranei al piano di risanamento, volto a consentire che le scelte e le rinunce di fronte alle quali sono posti siano ponderate ed assunte in base a informazioni corrette, attendibili e sufficientemente complete.


La valutazione delle proposte di trattamento dei crediti tributari si basa proprio sulle risultanze delle attestazioni rese nell’ambito delle suddette procedure e deve essere incentrata sulla sulla maggiore, o minore, convenienza economica della proposta formulata dall’imprenditore in crisi rispetto all’alternativa liquidatoria.


Gli Uffici, tanto nel concordato preventivo quanto nell'accordo di ristrutturazione dei debiti, oltre ad operare un confronto con gli altri creditori per verificare il rispetto del divieto di trattamento deteriore dell'erario, ai fini della valutazione della proposta di transazione fiscale che viene formulata e dell'espressione del voto, o dell’assenso, che ne consegue, sono chiamati ad esaminare il requisito della maggior convenienza economica di tale proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.


È, quindi, necessario confrontare l’importo che l’erario può percepire sulla base della proposta oggetto di esame con quello realizzabile, alternativamente, mediante la liquidazione giudiziale dell'impresa, tenendo conto dei valori degli asset aziendali e dell'ammontare conseguibile, in forza delle legittime cause di prelazione, in sede di assegnazione ai creditori delle somme realizzate mediante la liquidazione stessa.


A tal fine è indispensabile che nel piano siano chiaramente quantificati, in termini monetari, gli esiti delle diverse linee di azione, che devono essere vagliate dall’attestatore, in modo da assicurarne la coerenza, la correttezza metodologica e, in definitiva, l’attendibilità.


Nel formare il proprio convincimento gli Uffici dovranno fare riferimento, quindi, agli elementi esposti nel piano attestato dal professionista indipendente e, nel caso di concordato preventivo, anche a quanto attestato e verificato dal Commissario Giudiziale, potendo disattenderne le rispettive risultanze solo allorquando le ritengano manifestamente non attendibili, ovvero non sostenibili, anche alla luce del contesto economico e competitivo di riferimento, nonché della situazione economico-patrimoniale dell'impresa.


L’eventuale diniego da parte dell’Ufficio dovrà necessariamente essere corredato da una puntuale motivazione, idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni degli attestatori oltre che del Commissario Commissario Giudiziale nelle procedure di concordato preventivo.


Un altro aspetto in relazione al quale l’Amministrazione ha inteso fornire chiarimenti è rappresentato dalla rilevanza che deve essere attribuita alla condotta del contribuente.


Si ritiene, infatti, che la stessa non debba generalmente inficiare o pregiudicare la valutazione della convenienza della proposta di trattamento del credito, ma debba essere posta su un piano diverso rispetto a quest’ultima.


Le condotte del contribuente che possono influenzare l’iter di valutazione della proposta sono quelle che si sostanziano in eventuali attività distrattive o decettive che, da un lato, incidono direttamente sulla veridicità dei dati relazionati, dall’altro, causano, alternativamente o cumulativamente, una sottostima delle attività, una loro sottrazione fraudolenta, ovvero una sovrastima delle passività.


La presenza di tali condotte, incidenti sul profilo della procedibilità/legittimità della procedura di gestione della crisi di impresa, saranno segnalate alle autorità competenti.


Quanto ai precedenti fiscali del contribuente, considerato che gli stessi sono ordinariamente oggetto di verifica nel corso delle attività di controllo formale e sostanziale, non sono generalmente esaminati in sede di valutazione della proposta. Tuttavia, eventuali condotte riconducibili ad una sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali, pur non assumendo autonoma rilevanza, dovranno rientrare nell’ambito della predetta valutazione e coerentemente con lo spirito delle norme richiamate in premessa finalizzate a garantire una tempestiva gestione delle procedure di composizione della crisi di impresa.


Particolare attenzione, invece, va riservata ai casi di frode, come ad esempio nel caso di condotte caratterizzate dall’utilizzo di documentazione falsa, da altri artifizi e raggiri, ovvero da operazioni in tutto o in parte simulate, che denotano l’assenza, da parte del contribuente, di collaborazione e trasparenza nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. La presenza di tali condotte renderà necessario, in sede di valutazione della proposta di trattamento del credito tributario, ampliare l’ambito oggettivo delle attività di valutazione da porre in essere, le quali non dovranno limitarsi ad analisi di tipo campionario, ovvero all’adozione di criteri basati sulle soglie di materialità degli errori, poiché in tali circostanze la gravità dei comportamenti pregressi deve portare a ritenere le esigenze di tutela dell’interesse erariale prevalenti rispetto alla speditezza della procedura.

 
 

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