La previsione per l’imprenditore in crisi di poter depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, corredata da pochi documenti e con la riserva di presentare la proposta, il piano e la necessaria documentazione entro un termine fissato dal Giudice, anche durante lo svolgimento del procedimento pre fallimentare costituisce, sicuramente, il punto di massima espansione del favor debitoris della legislazione sugli strumenti giuridici per affrontare e risolvere la crisi dell’impresa.
Detto strumento, tuttavia, ha ricevuto non poche critiche da colo che lo hanno ritenuto uno spazio eccessivamente discrezionale di manovra per i debitori, idoneo anche ad essere sfruttato per intenti meramente dilatori .
Tali considerazioni hanno indotto la giurisprudenza ad interrogarsi sui limiti di intervento del Giudice per evitare che lo strumento concordatario venisse utilizzato dall’imprenditore, non per fini solutori alla crisi, ma con un unico intento dilatorio.
La Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. I Ord., 12 marzo 2020, n. 7117) si è di recente pronunciata affrontando il tema afferente il sottile confine tra la legittima iniziativa del debitore e l’abuso dello strumento processuale concordatario.
La Corte, dopo aver ribadito che l’iniziativa concordataria del debitore, in presenza di istanze di fallimento, costituisce un’ipotesi ben presente nel nostro ordinamento, ha chiarito che il suo verificarsi non comporta alcuna automatica conseguenza per il debitore sotto il profilo dell’ammissibilità della domanda ma, solo, nel bilanciamento degli opposti interessi di debitore e creditore istante, una riduzione del termine iniziale (che resta comunque prorogabile).
Il percorso argomentativo che si evince della decisione in commento si riassume attraverso i seguenti punti:
la procedura di concordato inizia già con la presentazione della domanda prenotativa;
l’eventuale abuso dello strumento concordatario può essere ravvisato anche in fase di delibazione della domanda di concessione del termine;
in difetto di abuso, il Giudice non ha alcun margine di valutazione nel merito della domanda prenotativa;
detta domanda non deve essere necessariamente argomentata;
la presentazione di una domanda non argomentata in presenza di un’istanza di fallimento e nell’imminenza della decisione del tribunale non può essere di per sé sola valutata come intento dilatorio e quindi come fattispecie di abuso, pur essendone un possibile indice.
Ne consegue che, in pendenza di un procedimento pre fallimentare ed in assenza di un manifesto intendo dilatorio del debitore, lo strumento del concordato in bianco “costituisce il momento in cui l’imprenditore, dopo aver preso consapevolezza del suo stato di crisi, fa chiarezza a sé stesso, prima, agli organi della procedura e ai creditori, poi, sulle modalità con cui intende risolverlo” e consente a quest’ultimo di “verificare lo stato della propria condizione imprenditoriale, individuare la soluzione più opportuna da dare alla crisi in cui versa e trovare la migliore proposta da presentare ai suoi creditori e il piano attraverso cui realizzarla”.
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